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il blog di Luciano Muhlbauer

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Un fallimento chiamato Aler

November 28, 2014

A Milano è esplosa la questione abitativa o, meglio, la questione case popolari. Doveva succedere prima o poi, perché in tempi di crisi sociale il prolungato e colpevole abbandono a sé stessa dell’edilizia popolare non poteva che tradursi in deflagrazione. Eppure, oggi  in troppi fingono sorpresa e gridano all’untore, cioè all’”occupante abusivo”, a partire da quanti portano la responsabilità politica e istituzionale dell’attuale stato di cose.

Ma diamo un po’ di numeri, perché a volte sono più illuminanti di mille discorsi. A Milano ci sono circa 68mila abitazioni popolari, di cui 29mila sono del Comune e il resto dell’Aler, l’azienda di Regione Lombardia. Di queste quasi 4.000 risultano occupate e 9.700 sfitte, a volte da anni. Il tasso di morosità tra gli inquilini regolari è del 30% e in lista d’attesa sono in quasi 25mila. E poi ci sono le manutenzioni mai fatte, gli sprechi ingiustificabili eccetera.

Insomma, è la fotografia di un fallimento e fallita è praticamente anche l’Aler di Milano: il buco di bilancio ammonta a 345 milioni, secondo la due diligence di un anno fa. Un deficit stratosferico, provocato dalla mala gestione del centrodestra regionale, dagli insensati aumenti d’affitto alle rovinose avventure immobiliari in Libia, passando per l’arresto dell’allora assessore alla casa della Giunta Formigoni-Lega, perché accusato di intrallazzare con la ‘ndrangheta.

La situazione è questa e così succede che in mezzo agli ormai quotidiani sgomberi e allarmismi mediatici il Presidente dell’Aler Milano, l’ex Prefetto Lombardi, uomo di fiducia di Roberto Maroni, dichiari candidamente che non ci sono soldi e che “non possiamo fare nulla, né ristrutturare né fare manutenzione”. Ergo, le case sfitte rimarranno sfitte e quelle sgomberate rimarranno vuote.

Molto più facile allora buttarla in caciara, invocare l’esercito e agitare i manganelli. È un gioco squallido che allontana ogni soluzione reale, ma che è tremendamente comodo e magari paga pure. Lo giocano un po’ tutti, da Salvini al governo Renzi, che con il Ministro Lupi si era infatti inventato il famigerato articolo 5 del piano casa in funzione “antiabusivi”. Appunto, tutta colpa dell’occupante e chi se ne frega degli appartamenti sfitti e dell’emergenza abitativa. D’altronde, è da quando nel lontano 1995 la Consulta dichiarò incostituzionali i fondi Gescal che nessun governo affronta seriamente il problema del finanziamento dell’edilizia popolare.

È dunque comprensibile che il Comune di Milano abbia deciso di separare le “sue” case popolari dall’Aler, che le ha in gestione sin dal 2009, e di affidarle a partire dal 1° dicembre a una società controllata, la Metropolitana Milanese S.p.A. Ma il problema inizia esattamente qui, perché non è semplicemente questione di efficiente amministrazione, bensì di fondi, strategie e priorità. Anche perché la caciara continuerà e la Regione, che in materia detiene la podestà legislativa, ha annunciato per settimana prossima nuove e più restrittive regole per le assegnazioni, come l’introduzione del requisito dei 10 anni di residenza.

Settimana prossima sarà dunque importante e quindi anche chi finora ha taciuto o ha detto le cose a metà è chiamato a prendere parola. Già, perché a questo punto le strade sono soltanto due, cioè proseguire come in questi giorni, continuando a seminare incendi nelle periferie, oppure fare l’unica cosa sensata che c’è da fare: fermare gli sgomberi, assegnare le case sfitte, avviare finalmente la regolarizzazione di chi è in stato di necessità e coinvolgere i sindacati inquilini e i comitati per l’abitare.

Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano il Manifesto il 28 novembre 2014

Milano, Giambellino, 25 novembre 2014

Milano, Giambellino, 25 novembre 2014

In Casa Tags aler, sgomberi, case popolari, sfratti, piano casa, sindacati inquilini, metropolitana milanese s.p.a., milano, il manifesto
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PER PINO E LICIA PER NON DIMENTICARE PINELLI ASSASSINATO   La memoria è una cosa importante, serve per affrontare il presente e, soprattutto, il futuro. E non bisogna mai dimenticare Piazza Fontana e la morte poco accidentale di Giuseppe Pinelli, ferroviere e anarchico, accusato ingiustamente nel quadro dei depistaggi all’indomani della strage e fatto precipitare nella notte del 15 dicembre 1969 da una finestra del quarto piano della Questura di Milano. Nessuno avrebbe mai pagato per la sua morte o per le tante bugie e, alla fine, la spiegazione giudiziaria sarebbe stata un misterioso “malore attivo”. Morto Pinelli, il depistaggio continuò e il 16 dicembre fu arrestato un altro anarchico milanese, Pietro Valpreda, che rimase in carcere innocente per 3 anni. Solo molti anni più tardi una parte della verità storica sulla strage di Stato riuscì a farsi largo anche sul piano giudiziario, con l’individuazione dei responsabili della strage nei neofascisti di Ordine Nuovo. La famiglia Pinelli avrebbe dovuto aspettare 40 anni perché lo Stato, nella persona del Presidente della Repubblica Napolitano, riconoscesse la “verità storica” su Pinelli e sulla strage di piazza Fontana. Una verità storica che i movimenti avevano denunciato sin dai primi momenti e che anche oggi, in tempi di galoppante revisionismo governativo, potrà continuare a vivere soltanto attraverso la memoria e l’impegno collettivo. #pinelli #giuseppepinelli #piazzafontana #stragefascista #stragedistato #antifa
12 DICEMBRE PIAZZA FONTANA
STRAGE FASCISTA E DI STATO
 
Sono passati 56 anni dal giorno in cui apparati dello Stato, con la manovalanza neofascista, inaugurarono la cosiddetta strategia della tensione, il cui obiettivo era creare le condizioni p
12 DICEMBRE PIAZZA FONTANA STRAGE FASCISTA E DI STATO   Sono passati 56 anni dal giorno in cui apparati dello Stato, con la manovalanza neofascista, inaugurarono la cosiddetta strategia della tensione, il cui obiettivo era creare le condizioni per svolte autoritarie che potessero fermare i grandi movimenti di massa, di operai e studenti, che negli anni 68 e 69 aprirono nuovi spazi e stavano conquistando diritti sociali e civili per tutte e tutti. Nella strage di piazza Fontana morirono direttamente 17 persone, ai quali va aggiunto Pino Pinelli, ingiustamente accusato e fatto volare da una finestra della Questura di Milano. Anche quest’anno il 12 dicembre i movimenti milanesi, ai quali si sono aggiunte le associazioni palestinesi, sono scesi in piazza non solo per ricordare, ma anche per ribadire che senza il protagonismo delle persone e dei movimenti, senza conflitto, i diritti e le libertà sono sempre sotto tiro, allora come oggi. Specie oggi, in tempi in cui vecchi fantasmi, dalle politiche autoritarie e repressive fino alla guerra, si stanno riaffacciando.   #piazzafontana #stragefascista #stragedistato #antifa
12 DICEMBRE PIAZZA FONTANA STRAGE FASCISTA E DI STATO #piazzafontana #stragefascista #stragedistato #antifa
12 DICEMBRE PIAZZA FONTANA 
STRAGE FASCISTA E DI STATO 

12 dicembre, strage di piazza Fontana,
Pinelli assassinato Valpreda innocente
A cinquantasei anni dalla strage di Piazza Fontana, ricordiamo la matrice fascista di quell’attentato, la mor
12 DICEMBRE PIAZZA FONTANA STRAGE FASCISTA E DI STATO 12 dicembre, strage di piazza Fontana,
Pinelli assassinato Valpreda innocente A cinquantasei anni dalla strage di Piazza Fontana, ricordiamo la matrice fascista di quell’attentato, la morte di Giuseppe Pinelli e l’ingiusta persecuzione contro gli anarchici. Non si tratta di un esercizio rituale, ma della necessità di leggere il presente attraverso le continuità che lo attraversano. Ci troviamo alle 18.30 in piazza 24 Maggio a #Milano #piazzafontana #stragefascista #stragedistato #antifa
ALLA PRIMA DELLA SCALA, LIBERTÀ PER SHAHIN
Mohammad Shahin, imam torinese regolarmente residente in Italia, è stato fermato e rinchiuso nel CPR di Caltanissetta con l’obiettivo di espellerlo verso l’Egitto, dove peraltro sar
ALLA PRIMA DELLA SCALA, LIBERTÀ PER SHAHIN Mohammad Shahin, imam torinese regolarmente residente in Italia, è stato fermato e rinchiuso nel CPR di Caltanissetta con l’obiettivo di espellerlo verso l’Egitto, dove peraltro sarebbe a rischio la sua incolumità. La sua colpa? Essere tra gli animatori delle mobilitazioni torinesi contro il genocidio e per la Palestina. In altre parole, un anticipo di quello che succederebbe a tutti e tutte noi se dovessero passare la proposte di legge presentate dai partiti di governo e dalla destra del Pd (proposta Derio), che intendono equiparare antisemitismo e antisionismo, mettendo così de facto fuorilegge ogni critica all’occupazione israeliana della Palestina. Oggi alla prima della Scala, insieme al sostegno alla vertenza dei lavoratori e delle lavoratrici della Scala, è stato ribadito che non intendiamo farci mettere il bavaglio e che Shahin deve tornare libero. Buon Sant’Ambrogio e Palestina libera! #FreeShahin #PrimaScala
In occasione della Giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese, istituita dall’ONU nel 1977, si sono tenute due manifestazioni nazionali a Roma e a #Milano. C’è chi pensa che ormai non bisogna più mobilitarsi, perché c’è un cessate il fuoco e perché si sta andando verso la pace, ma purtroppo la realtà sul campo è ben diversa. La maggior parte di Gaza è sotto occupazione militare israeliana e nella restante parte, dove si trova ammassata tra le macerie la quasi totalità della popolazione, continuano gli interventi militari e le uccisioni e gli aiuti umanitari entrano solo con contagocce. Per non parlare di quello che accade in Cisgiordania, dove coloni e esercito di occupazione intensificano addirittura le operazioni di pulizia etnica in un crescendo di violenza. Tutto questo è possibile solo grazie alla copertura dei governi alleati di Israele, tra cui quello italiano, che blaterano di una pace che non c’è e che, di fatto, altro non fanno che proseguire la loro complicità con i crimini di Israele. Ecco perché bisogna continuare a stare in piazza, a intervenire in ogni occasione e non permettere mai che cali il silenzio su quello che accade in Palestina. #Gaza #StopGenocide #EndOccupation #FreePalestine #Resistenza

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